martedì 12 luglio 2011

Sogno

Entrò nella hall dell'albergo con leggero anticipo sull'inaugurazione, gli occhiali da sole e la pochette nera sotto braccio. Dalla luce e dal caldo della strada si ritrovò nel fresco e nel chiarore delle alte pareti beige dove erano sistemati i quadri. Salutò diverse persone e aprì la piccola borsa per prendere l'astuccio con gli occhiali da vista, ma si accorse di averlo dimenticato.  
Restò con gli occhiali scuri, divertendosi a pensare ci fosse qualcosa di abbagliante in quella grande sala. Diede una rapida occhiata alle opere in mostra. C'era grigio e bianco, colore smorzato, forme di una donna che si intravedevano oltre velature ruvide e aggrovigliate o ancora lisce come gocce d'acqua sul vetro. Un gioco, l' azzurro cupo delle lenti da sole per farsi schermo allla  radiazione che le immagini emanavano, simile a uno sfolgorio maligno che la guidava all'unico ago rimasto nel regno.  Visitatrice a una mostra riporta ferita grave, fitto mistero sulle opere d'arte incriminate .... !  pensò mentre il sorriso le si piegava a  una leggera  inquietudine. Piuttosto non veder nulla,  occhiali neri da cieca.  
Chiuse gli occhi per un istante. Alle pareti lo sentì  erano appese scene di un rituale che  non si poteva "guardare", ma  "ascoltare" con una percezione amplificata, come chi è privato della vista.
D'un tratto provò una sensazione di estraneità,  e si sentì spinta suo malgrado verso un unico punto, dove c'era una brace che continuava ad ardere e illuminare con persistenza ostinata, e che riguardava la donna ritratta e l' artista. Quel punto bruciante raccontava un "noi" che aveva custodito e nutrito la scintilla di quelle immagini. Come un emissario nascosto sotto terra, esse continuavano ad alimentare la radiazione.
Sembrava che il tempo e lo  spazio in cui le immagini erano state create, non si fossero esauriti allora, ma fossero diventati nel presente una sostanza materica. L'attimo di una vicinanza desiderante era stato fissato sul quadro,  in cui  lo sguardo dell'uomo e il corpo della donna erano un' unica disperata densità. E non si esauriva come le ultime parole  dette in un addio, ma continuava simile al suono di una voce che si è persa, che altre voci  confondono,  ma poi la si raggiunge  ancora una volta,  nel silenzio di un'aria lieve e fredda di neve, per il compimento di un'intimità  e di un  epilogo, che  lacera e cerca di tener chiusa una ferita rossa. E ritornare da quel tempo era un perdere rappreso nella grigia neve grafica sparsa sul fianco del corpo ritratto.
Accecata per aver visto troppo, uscì dalla sala prima del tempo, senza lasciare traccia dietro di sè.