venerdì 31 dicembre 2010

Dialogo di uno speleologo e di una cantante lirica


Cantante:AAAAAaaaaaaaaa....OOOOOOOOOOoooooo......EEEEEEEEEEeeeee..
Speleologo: E quando arriva alla U fa il lupo che ulula?
Cantante: Ma come si permette! Lei con quel ridicolo cappello in testa. Minatore?
Speleologo: Speleologo, prego. 
Cantante: Sempre sotto terra, comunque. Puzza di muffa e roba morta.
Speleogo: Mia cara signora, io esploro le viscere della Terra, arrivo dove nessuno è mai arrivato. Credo ci siano più cose morte su un palcoscenico che in una grotta.
Cantante:  La mia voce arriva alle viscere del pubblico e muove le profondità dell'anima. Lei non è in grado di capire.
Spleleologo: Quando sto appeso a una corda sopra un baratro, so benissimo cosa è l'anima. E là non c'è nessuno che mi applaude.
Cantante: Ho un pubblico, e allora? l'arte è eterna, va al di là. Lei invece va sotto terra, deliberatamente e anzitempo. Mi fa venire la pelle d'oca......AAAAAAAaaaaaa......EEEEEEeeeee..
Spleleologo: Silenzio buio e freddo sono pieni di vita, invece. Vado giù e torno. E quando risalgo in superficie, ho un'anima più grande. In ogni caso, più della sua.
Cantante: Nego. La mia anima cresce, e molto dopo aver cantato un'aria immortale che strappa  lacrime  e  applausi.
Speleologo: Sono sicuro che l'anima cresce più a me negli abissi che a lei dopo un recital.
Cantante: Accetto la sfida. Come facciamo a misurare l'anima?
Speleologo: Bisgna pesare la mano su una bilancia.
Cantante: Ma si può barare. A me basta un nulla, sto sempre a dieta.
Speleologo: L'anima non ingrassa come il corpo, cresce o diminuisce con uno lo scarto di 21 grammi.
Cantante: E se ho lo smalto sulle unghie? pesa di più? Se lo tolgo, pesa di meno?


Speleologo: Facciamo una prova. Guardi qui, ecco una bilancia.
Cantante:  No, mi sento gonfia oggi.
Speleologo: Non importa. Pesi la sua mano, adesso.
Cantante: Accidenti! Segna – 21. Sono dimagrita!
Speleologo: Anche a me segna – 21.
Cantante: Ho vinto o no ? Perchè abbiamo tutti e due -21?
Speleologo: C'è una sola spiegazione. 
Cantante: Quale? 
Speleologo: Siamo passati.
Cantante: Non è possibile. Mi sento così piena di voglia di...
Speleologo: ...di vivere?
Cantante: AAAAAAAAAaaaaa …... OOOOOooo..... EEEEEeeee..........
Speleologo: E' inutile che faccia qui i suoi vocalizzi. Non le servono più.
Cantante: EEEEEEeeeeee …...... IIIIIIIIiiiiiiiiiii....... La faccia finita. Lei con la sua stupida idea di pesare l'anima! E' tutta colpa sua se siamo qui.
Speleologo: Ridicolo!
Cantante: Avevo ragione io quando dicevo che Lei ha qualcosa di sinistro, con  la sua mania di andare sotto terra. Lei porta iella.
Speleologo: Faccio solo sport. 
Cantante: C'è solo un posto dove si pesa l'anima,  un tizio con la testa di sciacallo, l'ho visto su un'enciclopedia.
Speleologo: Una coincidenza.
Cantante: Non esistono le coincidenze. Lei è responsabile, faccia qualcosa.
Speleologo: Non so.


Cantante: Mi tirerà fuori di qui al più presto.
Speleologo: Non posso.
Cantante: Oh sì, Lei può. Come mi ci ha portato, così mi tirerà fuori.
Speleologo: Ma la nostra condizione non è reversibile. Non è un cappotto double face.
Cantante: Non dica sciocchezze. Pensi, invece, si sprema. E' lei che è un conoscitore degli abissi ! Io conosco solo arie, arie e arie.
Speleologo: Canti  allora. Chissà che qualcuno non la senta. Lei è l'incantatrice.
Cantante: Si dia da fare, trovi un'uscita.
Speleologo: Nessuno è mai uscito di qui.
Cantante: Devo. Ho uno spettacolo stasera.
Speleologo: Faccia come vuole.
Cantante: Conosce il  pensiero positivo?  Funziona sa, l'ho provato. Bisogna avere molta volontà. E' quella che manca, è il sentirsi deboli e bisognosi la nostra disgrazia. Guardi i greci.
Speleologo: Li guardo, ma non mi aiuta. Piuttosto cercherò un posto dove accamparci.
Cantante: Lei si è già arreso, così sarà più difficile uscire di qui. Dovrò far da sola, come sempre. Voi uomini, al momento del dunque, salsicce e  birre in fresco.
Speleologo: Non sarebbe una cattiva idea. Se Lei vuol fare i suoi pensieri positivi, li faccia, non mi disturba. Io intanto sistemo il terreno per la tenda.
Cantante: E' attrezzato, complimenti. Io dove mi metterò?
Speleologo: E' una tenda di soccorso a due piazze.
Cantante: Ah no, io non ho mai dormito in una tenda e non dormo con estranei.
Speleologo: Non ha scelta, a meno che non trovi il modo di andarsene.
Cantante: Lo farò domani. Oppure oggi? Non so, domani, oggi, sono un po' confusa. Vorrei sedermi.
Speleologo: Venga qui, in questo punto la roccia è più liscia.
Cantante: Sì grazie. Mi sento improvvisamente vuota.
Speleologo: E' normale, il viaggio. Si riposi qui, mentre io cerco un posto per montare la tenda. Se ha bisogno, mi chiami. 
Cantante: Ma non si allontani troppo, La prego.
Speleologo: Farò presto.
Cantante: Sì.



giovedì 30 dicembre 2010

La visita




Casa undicesima in Scorpione Sagittario, Saturno

Ha un intenso colore blu in testa, una valigia con rotelle, una borsa quadrata. Sistema tutto sulla reticella in alto  e si siede accanto al finestrino. Da un sacchetto estrae una bottiglietta d'acqua minerale che appoggia sul tavolino di servizio,  e un pacchetto avvolto in carta bianca. Guarda fuori  l'orologio della pensilina, ancora dieci minuti alla partenza. Toglie l'impermeabile beige, la sciarpa con intrecciati il cobalto e blu di prussia. Gonna e scarpe di pelle chiara con tacco basso. Fuori gli ultimi viaggiatori si affrettano a salire, altri restano a  salutare chi parte.
Lei non c'è, per fortuna. Non può essere alla stazione perchè ha il corso di pittura. Meglio essersi salutate a casa. E adesso ? Apre il pacchetto, c'è un pezzo di torta salata avanzata a cena la sera prima.  Cinque minuti ancora.
M. le ha mostrato i suoi lavori di cucito, le coperte, i cuscini, i suoi quadri. Ha cucinato,  poi si sono sedute in giardino, guardato i pomodori e le zucchine, annusato il timo, bevuto tazze di menta e  finocchio. M. abita in una vecchia casa vicino a una boscaglia bassa di arbusti e rocce, lontano dalla città.
Adesso è bello stare sul treno e partire con una sensazione di pienezza e senza alcun rimpianto. M. ha guardato i suoi capelli blu, e ha sorriso. Dopo ha messo sul fornello un pentolino con l'acqua per il te e tirato fuori dal forno un dolce con le noci, spesso e rustico.
Le porte si chiudono, mezzo minuto e il fischio del capostazione. Non sente  nulla di struggente a lasciare M. nella sua casa vicino alla boscaglia e le rocce, lontano dalla città. Che cosa si sono dette? Sì,  hanno parlato tra i vasi di gerani e di begonie, con i gatti stesi al sole, e in fondo al prato, dove c'èl'uva a ridosso del muro di pietre. Ricorda il silenzio scambiato durante la passeggiata dietro la casa.
Il treno si  muove,  poco a poco prende velocità, pigramente, per vincere la nostalgia dello stare fermo sui binari. Quel giorno passato da M. è  stato come uno stare sulla banchina, ad aspettare un movimento che sarebbe arrivato, la partenza, il separarsi senza che nulla fosse strappato,  anzi restituendo a ciascuna la sua dimensione, lo stare lontane come compimento dell'amicizia.
Apre il pacchetto di carta bianca e mangia un pezzetto di torta con il  gusto amaro del radicchio rosso. 

I can get no (satisfaction)


Casa IX , Saturno in Gemelli.

Il vecchio ha dei capelli improbabili, corti davanti e lunghi dietro, da turista tedesco anni '80, grigi, mossi, e una fascetta rossa in fronte, legata sulla nuca.
Indossa la casacca aperta di un' uniforme da karate, la t-shirt di un gruppo rock con sopra il simbolo di un tipo di LSD (tutta sgualcita e con le maniche tagliate), i pantaloni di un pigiama di flanella a scacchi e delle ciabatte infradito.
Misura a passi lenti e regolari la stanza, un rettangolo di vetro e acciaio con vista a 360° sulla metropoli.
Una scrivania anni '30, una lampada verde, un telefono di bachelite, una sedia presidenziale ergonomica.
Il resto dello spazio è libero e destinato alla riflessione peripatetica. "Arginare l' imprevedibilità." dice neutro al piccolo registratore mp3 attaccato al bavero del kimono.
Segue un lungo silenzio di passi e flip flap.
Squilla il telefono.
"Piegare il capriccio." 
Flip.
      Flap.
Flip.
      Flap.
Flip.
      Flap.

Driiin..........Driiin..........Driiin

Flip.
      Flap.
Flip.
      Flap.
Flip.
      Flap.

"Considerare una resa."

Flip.
      Flap.
Flip.
      Flap.

Driiin..........Dr "Sì, pronto..."

"Signor Conte, l'abbiamo trovata..."

Cloc.

Flip.
      Flap.
Flip.
      Flap.
Flip.
      Flap.


mercoledì 29 dicembre 2010

Dopo frame



prima c'è frame


Personaggi:  Regina (nera), Pedone, Giocatore di scacchi, Fratello indifeso, Fratello arrogante, Lupa, Padrone di casa – Lui (assente), Un messo

Interno giorno. Un tavolo scacchiera in mezzo alla scena. Sedie tutto intorno. Sul proscenio Regina nera su una sedia, Pedone ai suoi piedi.

REGINA: Hai legato ben stretto?
PEDONE: No
REGINA.: Perché? Così li perdo.
PEDONE: Ma Lui non vuole.
REGINA : Non posso mica ciabattare io, sono una regina!
PEDONE : Non so che fare, mia signora.
REGINA : Dovrò camminare come una lavandaia? Guarda ( va su e giù per la scena ciabattando con i sandali a tacchi alti slacciati). E il mio portamento?
PEDONE : Lo so , mia signora. Posso consigliarvi di restare seduta. Il vostro rango ve lo permette.
REGINA : E’ quello che farò. I guanti, adesso.
PEDONE : Non posso.
REGINA : Che volete dire con “non posso”. Non fate i capricci, avanti, datemi i miei guanti lunghi neri.
PEDONE: No, Lui non vuole.
REGINA : Ma insomma, cos’è questa storia. Avanti, fate come vi dico.
PEDONE: Chiedetemi tutto ciò che volete, ma non posso darvi quello che Lui non vuole.
REGINA : Una regina non è una sguattera, ma se Lui non vuole,….uffa ! trovatemi almeno dei guanti qualsiasi.
PEDONE: Ci sarebbero questi per lavare i piatti… ( porge dei guanti gialli).
REGINA : Datemeli, (se si infila). Adesso la mia veletta.
PEDONE : Perdonatemi, mi prostro. Ma ha proibito anche questo. C’è un fazzoletto, se volete. (porge un fazzoletto rosa a pois verdi)
REGINA : Ho capito. Non importa.( prende il fazzoletto e se lo annoda alla testa). Sopperirò col mio carisma. Mandatemi C8.
PEDONE : Non c’è.
REGINA : Non fatemi arrabbiare. Che significa non c’è?
PEDONE : E’ al mare, in vacanza .
REGINA : E la mia interpretazione? E’ inaudito! Avrà lasciato un messaggio. Leggetemelo!
PEDONE: Nessun messaggio, mi dispiace.
REGINA: Come? Nessuna missiva per me? La sua regina?
PEDONE : No, mia signora, nulla.
REGINA : ( si lascia cadere sulla sedia) Ah.
PEDONE : Non abbattetevi, una lieve dimenticanza,…sono sicuro che oggi…
REGINA : Ma state zitto! Che volete sapere voi…
PEDONE : Scusatemi, mia signora, non dovevo intromettermi.
REGINA : Ecco bravo. Chiamatemi il Giocatore di scacchi, cominceremo senza C8. Anzi, prendete uno dei vostri peluche, ci vuole un sostituto.
PEDONE : Veramente … io… non so….
REGINA : Suvvia, lo so benissimo che li tenete nel vostro armadietto….non preoccupatevi, non lo dirò a nessuno.
PEDONE : Siete molto generosa, ma non è questo, è che…C8 non è una figura, ma un quadratino, non si può sostituire con un peluche. Ecco, lui starebbe qui ( indica un punto vuoto sulla scacchiera).
REGINA : Ah già, chissà perché mi sono confusa. E cosa ci mettiamo allora ?
PEDONE : Potrei metterci un quadratino di salame, o di formaggio per colmare il vuoto, se per voi va bene.
REGINA : Un pezzetto di formaggio andrà bene.
(Pedone esce per andare in cucina)
(entra dall’altro lato Giocatore di scacchi)
GIOCATORE DI SCACCHI : Allora si comincia? Dove mi metto?
REGINA : Al vostro solito posto. E gli altri?
(Pedone rientra e mette sulla scacchiera al posto del vuoto un quadratino di formaggio) .
GIOCATORE DI SCACCHI ( si siede e guarda la scacchiera) : Arrivano subito. Ma questo cos’è? ( prende il formaggio e lo mangia).
PEDONE :Ma no!! Era C8! ( esce di nuovo).
GIOCATORE DI SCACCHI : Ma che fine ha fatto C8 ? il suo posto è vuoto qui. (indica la scacchiera)
REGINA : E’ al mare, in vacanza.
GIOCATORE DI SCACCHI : E allora come si fa? Rimandiamo?
REGINA:  Possiamo benissimo farne a meno, mettiamo un sostituto. Oggi è il giorno del mio sacrificio, ricordate?
GIOCATORE DI SCACCHI : Certo certo, ma …
FRATELLO INDIFESO : (entra)  Siamo arrivati ora, scusate il ritardo, eravamo in vacanza al mare.
REGINA : Anche voi, ma è una mania!
FRATELLO ARROGANTE (entra e si siede a sinistra, fa una smorfia)
FRATELLO INDIFESO:  Un’ insolazione, ha perso la parola.
REGINA : Come ?
FRATELLO INDIFESO: Sì. E' rimasto troppo sotto il sole,  non parla più.
FRATELLO ARROGANTE( lo guarda imbambolato e fa una smorfia).
GIOCATORE DI SCACCHI : Almeno non sbraita come prima. Era piuttosto sgradevole. Sarà in grado di capire il gioco?
FRATELLO INDIFESO : Spero di sì. (gli dà una carezza) E’ tanto caro adesso che non parla. Sembra che mi ami di più. Non è vero piccino?.
FRATELLO ARROGANTE : (lo guarda imbambolato e fa una smorfia).
PEDONE ( rientrato dalla cucina con un altro quadratino di formaggio) Ecco, vi prego di non mangiare anche questo. E’ il sostituto di C8, in vacanza al mare. Siamo tutti?
GIOCATORE DI SCACCHI : No, manca la solita ritardataria
LUPA (entrando con la limetta delle unghie in mano) : Eccomi eccomi. Dove sto?
PEDONE : Si metta qui a destra, grazie. Possiamo cominciare.
(tutti siedono attorno al tavolo scacchiera)
REGINA : Come sapete oggi interpreterò per voi….
FRATELLO INDIFESO : Un momento, così non va. Non vorrà mica fare il sacrificio vestita a quel modo. Sembra un donna delle pulizie.
( tutti approvano annuendo)
REGINA : ( piangendo) E’ tutta colpa sua, di Lui, voglio dire. Non vuole più vedere attorno neanche un pezzo dell’armamentario, insomma sapete cosa voglio dire, tacchi, guanti neri e veletta. Forse un colpo di sole, o chissà cosa gli piglia, a Lui voglio dire. E così ho dovuto vestirmi come ho potuto. (frigna)
LUPA : E’ così che succede. Uno non se ne accorge nemmeno. E’ tipico. Il sole trasforma il cervello in una pellicola invertita, dove c’era il nero, diventa bianco. E così se gli piaceva l’armamentario, adesso non gli piace più.
REGINA : E’ proprio così ( asciugandosi gli occhi con un fazzoletto che Pedone le ha passato). E’ sconcertante. Come farò per il sacrificio?
GIOCATORE DI SCACCHI : Se volete cominciamo, ma Regina faccia qualcosa d'altro.
FRATELLO INDIFESO : Signora, Lei che ha uno stile regale, inventi, ….un arroco della lavandaia ( allunga la mano sul formaggio e se lo mangia).
PEDONE : Ma cosa ha fatto? S’é mangiato C8, di nuovo!
Fratello indifeso: Quante storie! Tanto di C8 si può fare a meno. Buono il formaggio, cos’è?
PEDONE : Ora basta. Non si può giocare in  simili condizioni! Se ci fosse Lui.... vorrei proprio vedere!
FRATELLO ARROGANTE : ( annuisce e fa una smorfia)
FRATELLO INDIFESO : Se ci fosse o non ci fosse. Non c’è. E’ un fatto. E’ questo che conta. Ci ha mollati qui, e noi siamo liberi di giocare come vogliamo.
REGINA : Sono d’accordo. Ne ho abbastanza di queste imposizioni ( si toglie i guanti e dalla testa il fazzoletto rosa a pois verdi). Lui dice, Lui vuole. Decidiamo noi, adesso.
GIOCATORE DI SCACCHI : Se tutti sono d’accordo, per me va bene.
LUPA : Anche per me
FRATELLO INDIFESO : Sì , d’accordo.
FRATELLO ARROGANTE: (annuisce e fa una smorfia).
PEDONE : Non so, devo pensare.
(entra un messo con una busta)
MESSO : Un messaggio, da Lui.
TUTTI : (esclamano in coro, fermandosi di botto): OOOh!
REGINA : Date qui, buonuomo. (prende la lettera, il messo esce)
FRTELLO INDIFESO : Fine della libertà. Siamo finiti.
REGINA : Perché? Non sappiamo ancora cosa ci sia scritto qui dentro.
GIOCATORE DI SCACCHI : Adesso abbiamo un problema: aprire o non aprire, leggere o non leggere il messaggio.
PEDONE : Naturalmente va letto, viene da Lui. È il padrone.
REGINA : Sì, sì, certo, ma vorrei sapere per quale motivo non dovremmo  leggere la sua lettera..
GIOCATORE DI SCACCHI : E’ semplice. Aprendo la lettera, ci toccherà essere qualcosa di ben preciso, per il semplice fatto che Lui chiede,  mentre se non l’apriamo, possiamo essere quel che vogliamo, oppure come siamo sempre stati, ma con la differenza che stavolta scegliamo noi, non Lui.
FRATELLO INDIFESO : Ma le regole sono regole. Non possiamo cambiarle. Non si può non ascoltare quello che uno ha da dire, anche se per iscritto.
GIOCATORE DI SCACCHI : Sicuro? ( prende un accendino, lo accende e lo avvicina alla busta)
GLI ALTRI : ( in coro) Nooooo!!
FRATELLO ARROGANTE : (si agita e cerca di parlare, ma resta muto, fa una smorfia)
GIOCATORE DI SCACCHI : Guardate cosa è successo a lui. Non parla più. Chi è adesso? Dove è finito Fratello arrogante? Puf ! Svanito. E Lui dov’è? Perché non è qui? Puf ! Svanito! E noi qui Puf ! siamo liberi di essere quello che vogliamo, basta dire no alla comunicazione.
LUPA : (limandosi le unghie) Che noia! Insomma si gioca o no? Tutto scorre, tanto vale giocare.
PEDONE : Devo convenire, avete ragione. La bruci.
GIOCATORE DI SCACCHI ( avvicina l’accendino alla lettera, e appicca il fuoco)
TUTTI  : OOOH! (e restano fermi con la mano sulla bocca)
REGINA ( si accascia)
GIOCATORE DI SCACCHI ( si siede scuotendo la testa)
FRATELLO INDIFESO (si alza, si siede, senza fermarsi)
FRATELLO ARROGANTE ( si tiene le mani sul viso e si dondola)
LUPA ( si lima le unghie)
PEDONE ( tiene sollevata Regina per le braccia stupefatto)
(Entra il messo con una busta)
MESSO : Una lettera.
TUTTI (in coro verso di lui, in piedi, a braccia alzate): Un'altra ? Pietà  !!

SIPARIO



martedì 28 dicembre 2010

Romeo e Giulietta




Sale e mi si piazza accanto appoggiandosi alla barra bassa dell'area disabili, lungo, secco, zigomi affilati, capelli puntuti a memoria di forma, occhi pieni e neri da cartone giapponese.
Lei lo raggiunge dopo poco conficcandosi in un abbraccio serrato, gli stivaletti graziosi le danno un'andatura da cerbiatto appena nato. E' piccola, bionda, col trucco sbavato e i capelli spettinati in un raccolto a cipolla.
Si incolla senza esitazione all'inguine di lui, gli pianta il mento nello sterno e lo fissa dal basso con gli occhioni grigi e supplichevoli.Il bacio dura tre fermate poi lei scende senza parlare, uno sguardo breve attraverso il finestrino e nessun altro cenno.
Nessun sorriso.
L'autobus riparte e Mercuzio, fin qui muto, attinge al suo ampio repertorio di sciocchezze salva-maschio.
Ma l'amico non l'ascolta, stringe forte la barra puntellandosi coi piedi ancora troppo grandi. Ubriaco. Stravolto. Silenzioso.


lunedì 27 dicembre 2010

Lettera di Giulietta Capuleti a Violetta Valery




Gentile signora Valery,

ho 14 anni e mi chiamo Giulietta. Mi piacciono le tende sollevate dal vento e i liquidi. Nella sua bella lettera, signora Violetta, lei parla di tante cose, e non so bene cosa risponderle. Sui padri, sono d'accordo. Ho visto spesso la scena che lei descrive. Loro bevono a tavola sempre, e brindano con chiunque sia utile brindare. 
Quando invece parla delle boccette colorate, quelle delle medicine, allora sì. Le adoro. E' innanzitutto per la forma del contenitore, piccolo e panciuto o quadrato con gli angoli smussati o a piramide: e poi di vetro colorato, verde o marrone, a volte blu, e anche viola. Non posso fare a meno di aprirle e assaggiarne un pochino, anche se sono amarissime.  In casa lo sanno, e mettono sotto chiave tutto, perchè è successo che sono stata male dopo aver bevuto da un'ampolla di vetro marrone. Un vero peccato, perchè aveva un fantastico gusto di mandorla. Mi hanno fatto vomitare, quel giorno, e devo dire che non mi è dispiaciuto. La mia famiglia crede sia stato un incidente, quella volta, e io sono stata ben attenta a non smentire la loro idea.
La cosa più difficile per me adesso è procurarmi altre bottigliette. Per questo ho dovuto chiedere a qualcuno.
Una sera c'era una festa, e un paio di tizi mascherati  facevano gli scemi. Si capiva subito che non erano nostri amici, per lo meno io l'avevo capito. Uno di loro mi guardava continuamente. Dopo finita la festa, mi ha seguita in giardino. Solo uno che non era dei nostri amici poteva comportarsi così da zotico. E quando mi ha detto chi era, ho avuto un lampo di genio. Chi meglio di un nemico giurato della mia famiglia poteva aiutarmi, dato che non avrebbe potuto raccontare nulla.
Così è andata. Gli ho permesso di venire altre volte in giardino. Ogni volta gli parlavo della mia collezione di boccette colorate. Per compiacermi ha cominciato a portarmi delle bottigliette che rubava all'amico, uno fissato con gli intrugli alchemici. Si vantava che tra quelle che aveva rubato c'era una medicina potentissima che poteva essere mortale alla dose sbagliata. Per gioco abbiamo cominciato a sfidarci quanto riuscivamo a resistere con poche gocce senza star troppo male, provandole tutte. Ci ha preso gusto a farmi bere quelle boccettine piccole e tanto dolci da far vomitare.
Ha ragione signora Violetta, quando dice di non fidarsi. Quel Romeo si avvicinava a me serio con occhi benevoli ma un po' sprezzanti, invitandomi a bere ancora una goccia se avevo il coraggio. Io il coraggio l'ho avuto, lui invece ha perso la testa quando mi ha vista cadere giù con un bel colorito bluastro sulle guance. Aveva in tasca un' ampolla verde, il rimedio di soccorso. Ma se n'è dimenticato.
Ho imparato, signora Violetta, che gli uomini seri dallo sguardo benevolo dimenticano. Non darò più a nessuno la mia collezione di vetri colorati e di liquidi amari, ma la terrò tutta per me.
Sua Giulietta


Frame





PERSONAGGI : Padrone di casa (assente),  Giocatore di scacchi,  Regina (nera),  Pedone,  Lupa,   Fratello minore,  Fratello arrogante,  Coro


INTERNO. Sei personaggi seduti attorno a un tavolo giocano alla rinfusa scacchi, briscola, dama....
Alle finestre, ghiaccioli.


                                                                  PROLOGO

CORO : E' la candida estate, Padrone di casa. Non aprire  quel cassetto del trumeau. AH! L'ha aperto! Scotta ! Vecchie fotografie ! Padrone di casa, interrogati!
"Son Io questo ?  qui debole e indifeso come fossi un fratello minore, qua corrucciato come un fratello arrogante e cupo."
Tutto frulla rapido nella tua testa, oh Padrone di casa, gli anni gli amori , gli amici le imprese !  Tace il frullatore.  Silenzio! Parlano i simulacri del passato.



REGINA : Chi vuole ancora un po' di frullato? (regge una brocca trasparente verde mela extra large)
FRATELLO MINORE: Io grazie, regina (tende il bicchiere, con un gesto tenero e indifeso, e sospira).
FRATELLO ARROGANTE:  Non c'è niente di meglio da bere che quella broda?
REGINA: Non le permetto di esprimersi così. E' del nostro padrone di casa.
FRATELLO MINORE: Io lo trovo buonissimo, un po' aspretto. Come l' ha fatto ?
REGINA: Ha trovato delle vecchie foto, poverino, l'hanno confuso, e ne ha fatto un frappè.
LUPA: (beve e sbadiglia) …uhmmm ...(beve e sbadiglia)...uhmmm.. (beve e sbadiglia)....uhmm...
GIOCATORE DI SCACCHI: Hai indovinato, è buono sconcertante....(scola il bicchiere fino all'ultima goccia) Adoro il gusto “ricordi”.
PEDONE: Io no, allappa la lingua come un cachi acerbo. Posso avere una carta?
FRATELLO ARROGANTE: Voglio un uischi. Ma in questa bettola nisba, giusto?
REGINA: Proprio così, non c'è. Noi qui beviamo frullato gusto “ricordi”. Eccoti una carta, caro (porge una carta a Pedone)

CORO: Ricordi quanto ti piaceva la Regina far avanzar e il Pedon a sua scorta rotolar !! Eri giovane allora allor, oh sì.

PEDONE: Grazie, mia regina. Quando ci sacrifichiamo? 
REGINA: E' troppo presto ancora, finiamo la partita, (carezzevole) e poi vorrei prima leggere qualche pagina di "Bocconcino Rosso".
PEDONE: Come volete, mia regina. Rispetto i vostri desideri. Se volete apro il libro e ve lo leggo.
FRATELLO ARROGANTE: Ecco, ci mancava anche quella melassa dopo il frullato ! (sputa)
FRATELLO MINORE. Non è vero, è appassionante quando Lottie78 conosce l'AttrattoreStrano41 dietro lo schermo, e si scrivono mail su mail. Fa sognare, e io adoro sognare. Tu non capisci niente, come sempre.
FRATELLO ARROGANTE:   Oh il dolce fratellino, che butta  le fidanzate ancora in garanzia. Ah Ah Ah (sarcastico)
FRATELLO MINORE: Non è come sembra. Ho un affetto fuori norma, tutto qui, e le ragazze si fanno strane idee, con un affetto così.  Devo cambiarle perchè si consumano. Tu piuttosto, sei un bruto, usi e getti senza pietà quelle povere creature.
FRATELLO ARROGANTE: A me piacciono crude e brevi, le storie, dico. Aria subito, tenerello mio.
REGINA: Basta, non voglio sentire due fratelli che parlano in questo modo. Avanti, apriamo il libro e a turno qualcuno legge. Chi comincia?
GIOCATORE DI SCACCHI: C'è un piccolo problema. Siamo arrivati a pagina dieci di "Bocconcino Rosso", e non ci sono altre pagine scritte.
LUPA: Come ? Lottie78 e AttrattoreStrano41 si sono lasciati ? Ho perso il finale, diamine.
REGINA: Datemi il libro. Devo controllare subito. Pedone, prendilo, su.
PEDONE: Sì, mia regina., vado subito a prenderlo. Dove sta?
REGINA: Ma dove l'abbiamo lasciato l'altra volta. Sul comò, sul trumeau,....vedi un po'.
PEDONE: Sarà fatto, mia regina. (esce)

CORO: L'ora è giunta. Tutti siam pezzi di carne, tutti abbiamo fame,  chi beccherà il boccone indifeso, la regal carne che infonde potere e gloria? Chi?

LUPA: Io ho fame, vorrei il mio pezzo di carne, se permettete (si alza per andare in cucina)
GIOCATORE DI SCACCHI: Un momento, anch'io ho diritto al mio pezzo di carne, e tu ti prendi sempre quello più grosso.
FRATELLO MINORE: Ha ragione, mia signora lupa, lei ha un appetito non molto signorile, scusi.
REGINA: Io non posso mangiare finchè non vedo il libro e la pagina 11. Mettete in tavola, e datemi il boccone indifeso, grazie.
FRATELLO ARROGANTE: E no mia regina, avrò ben diritto a scegliere per primo, dato che non ho preso nemmeno un goccia del frullato. Oggi tocca a me il boccone indifeso.
REGINA: Lei è un cafone, arrogante e presuntuoso, l'abbiamo capito. Faccia pure. Non discuto con certa gente.

CORO: Un lupo arrogante aspettava nascosto dietro a un tronco, ma alcun Cappuccetto indifeso passava. Che fine hai fatto, Bocconcino? Dove sei? Manca la pagina numero 6!!!!
.
PEDONE: (rientra) Ho brutte notizie, mia regina. Il libro non c'è più.
REGINA: Come non c'è più?
PEDONE: Ho guardato dappertutto, non c'è. Né nel congelatore né tra i piatti dell'acquaio, né sotto il letto. E' scomparso, mia regina.
REGINA: E adesso ? Non posso resistere senza sapere che fine ha fatto la povera Lottie78, con quel bell'imbusto, Attrattore Strano41,  un essere infido. Ho anche il sacrificio da interpretare! ma sono turbata.  

CORO: Arroco lungo di donna! Si appressa il tuo destino, Regina ! Sacrificati, vittima, facci vedere di che pasta sei! anche senza la pagina numero 6.

GIOCATORE DI SCACCHI: Direi intanto di mangiare, poi cerchiamo meglio tutti quanti.
LUPA : Bene! Finalmente una cosa ragionevole. Mettiamo in tavola? Chi mi aiuta?
FRATELLO MINORE: Io se permette, signora, vorrei accompagnarla ( si avvicina con un gesto tenero e indifeso)
FRATELLO ARROGANTE: Fai il cascamorto, fratellino?. So io cosa bisogna fare con le gattemorte.
LUPA: Forse non si è accorto di che razza sono, perchè dare della gattamorta a me è proprio stupido. Lei non capisce niente, ha ragione suo fratello.
FRATELLO MINORE: Andiamo signora, si sta facendo tardi. (le circuisce i fianchi,  tenero e indifeso)
LUPA: Sì, andiamo. (escono)

CORO: Un lupo aspettava dietro a un tronco, nel frame del suo destino collocato.  Lo sai o non lo sai in che frame sei? non esser tristo per quest' ultima,  anzi sii lieto.

GIOCATORE DI SCACCHI: Perchè è sempre così arrogante e sgradevole? Non sembrate per niente fratelli voi due.
FRATELLO ARROGANTE: Vede la cosa è semplice. Io non posso stare senza di lui, e lui senza di me. Capisce?
GIOCATORE DI SCACCHI: No. Ma mi piace lo stesso, sembra una partita dove nessuno vince e nessuno perde. E non avete problemi di equilibrio, capogiri, nausea?
FRATELLO ARROGANTE: Non più adesso. E poi ci abbracciamo sempre, alla fine.
GIOCATORE DI SCACCHI: E' vero, bisognerebbe farlo sempre. Anzi, perchè non lo facciamo noi due, venga qui vicino a me.
FRATELLO ARROGANTE: Se proprio vuole, ma io mi abbraccio soltanto con mio fratello, non so con lei che effetto mi farà.
GIOCATORE DI SCACCHI: Non si preoccupi. Si lasci andare, venga. ( si abbracciano e restano abbracciati)
REGINA: Ma che state facendo voi due? Non posso soffrire gli uomini abbracciati, per favore! andate da un'altra parte, suvvia!

CORO: Regina ! Sacrifizio! Adesso !subito ! All'istante! Non dubitar! Non soppesar!

REGINA: (rivolta al coro) E basta! Non sono ancora pronta! Tacete, branco di servi .
PEDONE: Mia regina, però l'abbraccio è quel che resta del giorno. Oso chiederle, posso?
REGINA: Anche lei ? Che noia! Ma faccia presto, prima che rientrino gli altri. Avanti ( si abbracciano e restano abbracciati)
LUPA (rientra e appoggia sul tavolo un enorme vassoio coperto di pezzi di carne) Cosa succede qui? Perchè tutti si abbracciano? La carne è pronta.
FRATELLO MINORE: Signora, mi sembra che la carne possa aspettare. Posso anch'io tenerla tra le mie braccia? ( si avvicina tenero e indifeso)
LUPA: E no, mio caro, non ci casco. Sei pericoloso con il tuo affetto fuori norma. Mi potresti appiccicare il pelo. Scostati, voglio mangiare.
FRATELLO MINORE: Aspetterò. So cogliere il momento adatto, non ho fretta.( si accomoda tenero e indifeso)
LUPA: Che pezzo vuoi, caro?
FRATELLO MINORE: Posteriore, grazie. (tende la mano tenera e indifesa)

CORO: Tempo della scacchiera ! Tempo del posteriore! Carne,  suona a distesa!

LUPA: Ah già, il posteriore morbido. Ecco qui. Ci vuole un buon olio (versa da una caraffa) Non trovi che così sia meglio?
FRATELLO MINORE: Oh sì (mangia avidamente la carne cruda con morsi indifesi)
LUPA: Così mi piace, mangia tutto mi raccomando.
FRATELLO MINORE: Oh sì ( mangia avidamente la carne cruda con gusto tenero)
LUPA: Ti stupirà ma io so perchè il libro è sparito, e chi lo ha preso.
FRATELLO MINORE: Oh sì. (mangia avidamente la carne cruda sporgendosi  indifeso)
LUPA: Tu mi piaci, al contrario di tuo fratello. Sei diverso, capisci tutto, vero?
FRATELLO MINORE: Oh sì (mangia avidamente, piegato tenero)
LUPA: Ma che? hai perso la parola?
FRATELLO MINORE: ….E' che sono.... sopraffatto dalla bontà della sua carne, pardon, della carne, mi scusi.
LUPA: Non ti devi scusare, lo fai troppo spesso. Dovresti copiare da tuo fratello un po' di cafonaggine.
FRATELLO MINORE: Oh...sss ..certo, volevo dire...ma lei non sa, non può sapere, noi siamo molto uniti, anche se non sembra.
LUPA: Capisco. Ma che fanno questi altri qua dietro? E' mezz'ora che si abbracciano. Vuoi un altro pezzo di carne?
FRATELLO MINORE: Ancora sì...Mi scusi...volevo dire..tanto tanto.
LUPA: Ma cos'è questa roba qui ? Zucchero caramellato? Miele di pino ? Mi appiccichi!
FRATELLO MINORE: Non è niente, è il mio affetto fuori norma, passa subito.

CORO: Il lupo nascosto dietro un tronco aspettava.....

TUTTI :....  Bocconcino Rosso che non arrivava!

SIPARIO

mercoledì 22 dicembre 2010

Dialogo di un tubetto, LaCreme, e di una metafora, AutreOeil




LaCreme: Ammuffirò!
AutreOeil: Non credo
LaCreme: Allora irrancidirò!
AutreOeil: Sei grasso inalterabile.
LaCreme: Non durerò, lo sento.
AutreOeil: Calmati, approfitta dell'occasione piuttosto.
LaCreme: Quale occasione? Stare senza far niente?
AutreOeil: La tua ansia è  inutile.
LaCreme: Sono allibito. Come fai ad essere così indifferente? Lui parte.
AutreOeil: Quante storie! se ne va e tornerà. Avremo una pausa per guardarci attorno.
LaCreme:  Guardare cosa? Il vuoto? Bella roba. Il nulla non ha nulla d'interessante.
AutreOeil: Il vuoto non coincide con il niente. E' fresco, riposante.
LaCreme: Ti trovo freddo.
AutreOeil: Preferisco il mondo della sensibilità a quello del sentimento. Non sono romantico, ma ciò non significa che non sia capace di sentire, al contrario.
LaCreme: Ha parlato il filosofo da boudoir ! Io sono romantico e sentimentale. Per questo non sono tranquillo, anzi mi preoccupa molto questa assenza. Soffro.
AutreOeil: Sei ridicolo, debordi sempre.
LaCreme: E' la mia natura grassa a rendermi passionale. L'eccesso è in me, perchè sono unto. Ma se ungo è per una buona causa, il contatto. Mi deprime non dare qualcosa di me.
AutreOeil: Potrai usare questo tempo per dedicarti ad altre cose, alle evasioni, ai sogni.
LaCreme: Non mi interessano. Io sono fedele al mio compito, non posso stare senza unire due mondi.  La mia missione è rendere fluido e liscio ciò che è impervio. Io faccio del bene, mi prodigo per ciò che sta fuori di me. Tu invece sei concentrato in te stesso. E in ogni caso, Lui parte.
AutreOeil: Dato che il nostro Bel Marinaio parte, non starò sempre immerso nella sensazione della sua presenza, che sì è piacevole, ma ingombra tutta la scena. Ho bisogno di un orizzonte libero. Mi guarderò attorno, il mondo, dicono, è grande.
LaCreme: Anche madame Bovary lo diceva, e guarda come è finita. L'assenza ti piace, lo vedo. Non temi l'abbandono ? la fine di tutto ?
AutreOeil: Il naufragio è dolce, come lasciarsi andare in una piscina calda e illuminata. E poi stare sul filo, esserci e non esserci, sparire e tornare, è poetico, devi ammetterlo. Ho bisogno di solitudine. A volte. E non leggo romanzi.
LaCreme:  Ti piace fare l'eremita? Nessuno direbbe che una creatura come te, legata, scusami, al concime della terra, sia piena di spiritualità.
AutreOeil: Il confine tra le cose è incerto. Io sono considerato sporco e sacro, e quest'aura sacrale me la ritrovo addosso mio malgrado. Mi vedono così.
LaCreme: Non sei per niente incerto. C'è un fuori, c'è un dentro, e tu sei là in mezzo, come il diaframma di una macchina fotografica.
AutreOeil:  Bravo, faccio parte delle aperture sull'universo, come l'occhio, e la bocca. Ti stupiresti se ti dicessi che per l'inconscio non fa differenza, un buco è un buco in qualsiasi parte si trovi, non c'è né sopra né sotto. Affascinante, non trovi?
LaCreme: L'inconscio è un animale, lo sanno tutti. Non lo puoi portare a tavola.
AutreOeil:  Pensa che sono platonico. Nel Mondo delle Idee ci sono anch'io. Mi commuovo sempre quando ci penso.
LaCreme:  Ti diverti a sconcertarmi. Infimo e celeste!
AutreOeil: Tubetto, umile grasso inerte, chi più di te meriterebbe rispetto? Lenire il dolore non è forse l'unico motivo degno per esistere? Un poeta potrebbe cantarti. Forse mi pentirò di essere stato così scostante, ma è solo per fare un po' di nebbia attorno a me, essere inafferrabile e buio come un buco nel nulla.


sabato 18 dicembre 2010

Racconti in volo


IX casa in aquario, abitata da Giove, Marte in uscita
Immaginate se il Principe Siddharta, una volta
scoperta l'illusione del palazzo, la prigione dorata in cui era rinchiuso per proteggerlo dal male del mondo, presa la decisione di lasciare i suoi beni e mettersi in viaggio, avesse trovato al posto della foresta, della fame e della povertà, la Via della Seta.
La Via della Seta con tutta la sua magnificenza organizzativa: una strada spianata, lunga, vasta ma piena di caravanserragli dove trovare ristoro.
Fu proprio questo che accadde al Re degli Dei. Zeus. Occhiata la situazione sotto ai suoi piedi, istigato dalle voci ataviche dall'alto dei cieli superiori, posò la corona, mise da parte le sue saette e decise di partire alla ricerca della verità, di mondi diversi e genti nuove, arcistufo delle beghe tra Olimpo e uomini lì sotto.
Di chi era il Signore Lui? Era veramente un Re? Ma per piacere! Basta ciarpame.
Come S. Francesco da lontana dimensione gli suggerì, si denudò: era decisamente bello, possente, sguardo fiero; gli sarebbe bastato uno straccetto addosso per trasformarsi nel pellegrino, pronto a testare le difficoltà della via, della vita. Non dovette nutrirsi di bacche né rischiare l'assideramento per poi capire che anche quello era illusorio. No. Le voci ataviche l'avevano istigato: una bella strada spianata. Terra battuta. E' una strada perfetta, dove puoi ritrovarti anche perdendotici.
Saltò.
Il primo passo, il piede nudo sulla terra umida fu già un viaggio. Sentì le vibrazioni della crosta terrestre, i movimenti del centro magmatico mentre il suo corpo possente si dissolveva, o meglio come avrebbe scoperto poi, si ampliava ad ogni respiro sino a comprendere il cosmo intero.
L'aria lo gonfiava sino a portarlo dove aria non c'era più.
Il freddo del tempo immemore passato in questa forma espansa lo ricompattò dov'era. E iniziò veramente a camminare. Riuscì senza sforzo a godere di quel cammino meno espanso, più caldo e compattato in carezze intramuscolari, ritmato da incontri casuali e necessità terrestri, come l'acqua, l'ombra, il riposo.

I caravanserragli disseminati a breve distanza non erano tutti uguali. Non v'era certezza che lì si sarebbe trovato ristoro ma chi osava chiedere, ne usciva sempre vittorioso. Ognuno era stato costruito e poi gestito da genti molto diverse. La cosa che li accomunava è che erano aperti a tutti, a tutti quelli che ne avessero bisogno purché rispettassero il luogo e gli altri; si poteva dormire e mangiare ma non bivaccare a lungo e solo se in cambio si offriva denaro, servizio, un dono.
Zeus trovava geniale questo sistema, e si perse volentieri con chiunque vedesse indeciso e spaurito fermo davanti a quei caravanserragli che sembravano più ostici, perché meno visibili, scavati piuttosto che malconci, scuri, fortificati da mura chiuse; lui si sentiva a casa, non più solo. Godeva nel percorrere questo cerchio, la via della seta ti riportava prima o poi al punto da dov'eri partito; ma quel punto non era mai uguale a se stesso, lo riconoscevi solo se ci prestavi molta attenzione. Se ritrovavi il brivido del primo passo.
Non fu questo che accadde ad un altro nobile animo sulla Via, l'irruento cavaliere, bello, nobile d'animo e schizzato come un giovane che ancora non sa calibrare bene la sua forza e i suoi movimenti. Egli galoppava innervosito cercando di uscire da quel nastro senza fine, dove lui non trovava tra i pellegrini i giusti avversari né fragili donzelle sperdute da salvare né tanto meno il brivido del nuovo inizio. Ma ogni volta che toccava il limite della via, lo coglieva, inesorabile, un senso di sconfitta; così ritornava sui suoi passi, scendeva e procedeva a piedi.
Dopo tante sconfitte, una sera mentre guardava il sole tramontare, decise di donare il cavallo al caravanserraglio dove quella notte si sarebbe fermato a riposare. Prima di coricarsi, mentre beveva al pozzo, si vide riflesso e incerto. Fu come una scarica elettrica. Per la prima volta si sentì veramente forte. Il suo più temibile avversario non poteva essere che se stesso, inafferrabile nel movimento dell'acqua. Si asciugò la bocca con la manica. Quell'acqua gli ribollì nello stomaco. Il mattino dopo l'avrebbe ritrovata, l'avrebbe cercata negli occhi di quelli con cui avrebbe iniziato nuovamente a camminare.

Lettera di Violetta Valery a Giulietta Capuleti


Cominciamo dalla fine. “E' taaardi!”
Mai capitato di rovesciare un bicchiere di vino sulla tovaglia bianca? Fine. Oppure finalmente! Le regole del dramma vogliono che la macchia sia motore dell'azione. Così io, Violetta, sono mio malgrado la rotella di un meccanismo. Macchiata.
Di liquidi versati a sproposito si parla anche nella tua tragedia, cara Giulietta, Most excellent and lamentable tragedy. Non bere, non farlo. Le bottigliette sono insidiose.
La mia storia annega dall'inizio nei bicchieri, i lieti calici, sotto i lampadari accesi di una festa. Bere e macchiare, perchè lo champagne sulla seta dei vestiti ogni sera, ogni festa, ogni cena. Non sempre è colpa mia, il più delle volte sono gli uomini a perdere l'equilibrio della mano che regge il bicchiere. E lo fanno accanto a me, che sia seduta o in piedi, o distesa sul sofà. E' il mio destino essere macchiata da costoro, che giovani o vecchi, mi si avvicinano ad ogni festa, ad ogni cena, ad ogni teatro e salotto, con un bicchiere in mano, che finisce sul mio vestito. Signorili tirano fuori il portafoglio e pagano la pulitura, la mia cameriera Annina raccoglie tutto. Ma i vestiti, dopo, non sono più gli stessi. Anche se sembrano perfetti, non lo sono. La macchia c'è, è ormai assorbita, digerita dalle fibre che restano segnate. Lo champagne è più facile da trattare, ma rimane l'odore che io sento perfettamente anche dopo la smacchiatura. Le macchie che incidentalmente mi procuro io sono meno dure di quelle che mi procurano loro. Quando un uomo mi si avvicina con bicchiere e bottiglia in mano, so quello che mi attende. Anche tu avresti dovuto essere più cauta. Mi dirai che un frate non crea sospetto. Il pericolo viene comunque. Mai bere bottigliette insidiose. Rinunciare piuttosto, aspettare. Ma evitare di macchiarsi con i liquidi offerti da uomini che ti guardano seri e benevoli.
Io ormai sono una rotella del meccanismo. Vado avanti a bere liquidi che mi porta qualche gentiluomo, medicine inutili, altre boccettine colorate e amare. E' taardi! Sono stanca di padri e figli che offrono calici di commiserazione, di perdono, di pietà. Ho il petto come un colabrodo, adesso. Per questo mi offrono il conforto. Ma se avessi ancora il petto che avevo prima, florido e carnale, non mi seccherebbero con la redenzione, ma con altre bottiglie di champagne e altro.
Vedi, cara Giulietta, la questione è questa. Stare lontano dalle macchie? Da calici e pozioni ? Alla fine i due padri Capuleti e Montecchi si berranno qualcosa insieme per suggellare la pace. Il tuo bere a sproposito sarà motivo di altre libagioni, altri brindisi. Li vedo i gentiluomini che oggi sono venuti a farmi visita, dopo, alla fine, fermarsi al bistrot sotto casa mia e ordinare dei bicchieri. Berranno e parleranno sottovoce del funerale, nessuno si macchierà il pastrano, si saluteranno alzando il cappello, si daranno appuntamento all'ora stabilita per il corteo.
La mia redenzione è liquida.

tua
Violetta Valery









martedì 14 dicembre 2010

Matilde e la terra



VIII casa in Capricorno con fettina di Aquario


Gruglia gruglia suda intruglia, canticchiava mentre vuotava il secondo secchiello d'acqua nel pentolone della polenta che aveva sottratto in cucina, senza curarsi di chiedere il permesso alla nonna. Prese il ramo e ricominciò a mescolare quella che adesso era una brodaglia di fango.
Gruglia gruglia suda intruglia, ci mancava decisamente qualcosa, si lasciò il pentolone alle spalle e cominciò a cercare tra i cespugli e sotto gli alberi, ulteriori ingredienti da aggiungere alla sua pozione magica.
Rosmarino, petali di rosa, una lumaca con la sua chiocciola, una piuma di qualche uccello, delle bacche azzurre. Si, tornò al pentolone, li gettò nella broda e riprese a mescolare. Ma il tutto restava ancora troppo color grigio fango. Non si perse d'animo e tornò in spedizione. Il giardino era grande.
Voleva che la sua minestra fosse colorata come quella che la nonna le serviva in piatto.
Continuò il suo viavai immemore del tempo che passava, ma per quanti ingredienti aggiungesse, il fango restava color fango: inghiottiva tutto. I petali di rosa e le piume si rattrappivano, la chiocciola si confondeva, le bacche erano divenute grigie.
Decise di vuotare parte della broda nel secchiello più piccolo... forse con meno fango e aggiungendo quelle bacche arancioni... No, niente da fare. Sbuffò. Si sedette sull'erba guardando un po' delusa. Forse passò una manciata di secondi che era già in piedi a raccogliere altra terra per rendere l'impasto nuovamente più denso. Quando le sembrò ben fatto, prese il secchiello e lo rovesciò; batté forte sul fondo indi lo sfilò dal suo contenuto che rimase a terra con una vaga forma di torre. Non era esattamente un castello di sabbia; un po' informe perdeva pezzi qua e là; ma decise che si poteva ancora fare. Affondò le mani già completamente impiastricciate e si mise a stringere e a compattare la massa. Ecco quel che poteva venirne fuori: un pupazzo di minestra delle fate.
Schiacciando sul bordò ricavò una testa tondeggiante, due bacche arancioni per occhi e un petalo come bocca appena appena appoggiato. Già si vedeva correre con lui in giardino alla ricerca di nascondigli segreti sotto le radici, dove le fate dei fiori, i gnomi e le farfalle davano le loro feste danzanti. Lo completò mettendogli due funghi come braccia Peccato la chiocciola fosse sparita.. avrebbe potuto essere un bellissimo naso. Mentre era persa nelle sue fantasie passò un signore alto e spigoloso dal viso arcigno con occhiali severi. Lo conosceva, la nonna lo chiamava il politico.
“Ciao Matilde” “ciao.. rispose poco convinta, non le piaceva che arrivasse sempre senza che lei lo notasse prima. “Lo sai che questi sono buoni da mangiare? disse il politico indicando i funghi
No gridò Matilde... inorridita dal pensiero cannibalesco dello spilungone . Ma lui aveva già mozzato un braccio del suo compagno di giochi dicendo “Si guarda... Crunch. ....

lunedì 13 dicembre 2010

Il Sole Nero



VII casa incipit in Sagittario si estende in Capricorno


Devo sapere. Devo vederlo con i miei occhi. L'imperativo era martellante. Di una tale forza di risucchio non avevo mai sentito parlare fino ad ora. Possibile che esista davvero? E dove mai potrebbe portare? Dal Dio degli Dei? in che genere di Inferno? E se portasse di nuovo Qui?

Dov'è la mia tuta? il casco... E' da un po' che non volo ma dovrebbe essere rimasto tutto al suo posto. Mentre così pensavo, frugavo in cassetti e armadi, mi spostavo nella stanza in preda ad un'eccitazione glaciale, il mio corpo, la mia mente, ogni battito del mio cuore, tutto era teso a partire il prima possibile. I miei gesti erano un po' sconnessi, febbrili ma misurati, densi....i pensieri potevano fluire senza bloccarli: Forse dovrei avvisare mia moglie, forse dovrei chiedere prima il permesso alla base.

Non ricordo bene come avvenne, ma nel giro di tre giorni ero pronto. Seduto nella navicella. Solo. Tutti i permessi in ordine, festa di saluto data. Era strano volare di nuovo dopo tutti quegli anni passati a lavorare sulla terra ferma in mezzo a quella confusione dove venivi abbagliato da mille luci e non riuscivi a scoprire che poche sorgenti.

Quando superate le nuvole uscii dall'atmosfera, mi scesero due lacrime di commozione.

Lo Spazio vuoto, nero, immenso così' ricco di possibilità inimmaginabili. Una sorpresa continua nel vuoto più incredibile.

La prima tappa era Saturno. La colonia umana lì era ben organizzata, ma soprattutto distava meno di una anno luce dal Nodo. E io il Nodo dovevo vederlo, con i miei occhi.

Si ipotizzava fosse un buco nero particolarmente potente, ma gli studi a riguardo erano monchi e i dati non combaciavano.

Non vorrei dilungarmi troppo ma penso sia importante farvi sapere almeno i punti salienti del mio viaggio. Voglio chiarire dove ho dovuto affrontare le difficoltà più grandi come l'abnorme quantità di dati e la totale mancanza di un'unica chiave di lettura. Dopo aver esperito l'attrazione annientatrice di quel che chiamo, il mio Sole Nero, mi sono ritrovato costretto a firmare un contratto dalle clausole molto restrittive riguardo alla comunicazione della mia esperienza.

Non sono stata la sola ad esperire il Nodo. Ma la sola che ha rischiato di non tornare.

Un vortice immobile




VI casa in Scorpione, Nettuno in sagittario

Un grande pozzo, profondo dalla circonferenza importante si apriva nelle viscere della terra e si sviluppava in altezza anche sopra la superficie terrestre nella forma di una torre in vetro, un grattacielo circolare con un ascensore al centro.

Ogni piano era composto da una grande stanza circolare. Era un luogo da vertigine.

Le stanze che si sviluppavano sotto la superficie, il basamento dell'edificio, il pozzo, erano chiaramente buie, umide, claustrofobiche ma nello stesso tempo per qualcuno potevano fungere da ventre materno: attraverso lo spesso vetro si indovinava il colore della terra. Quella appena sotto la superficie era addobbata invece da tendaggi color rosso cupo. Lì sembrava di sentire il movimento del magma, il ribollire della lava.

Le stanze nella torre invece erano inondate da una luminosità accecante.

Non si capiva a cosa potesse servire una costruzione del genere. Si erano alternati due architetti. Ai piano alti era stato fatto un tentativo di suddividere lo spazio in spicchi per poter appoggiare almeno qualche mobile a delle pareti dritte, e non doverli prendere tutti su misura.

Si godeva di un'ottima vista era dir poco. Da quelle vetrate sembrava tutto bello, ci si poteva perdere una vita intera semplicemente a guardare il cielo, la città,

le colline lontane, le attività degli uomini là fuori. Non faceva voglia di uscire, ti prendeva piuttosto la smania di fotografare tutto e tutti. Era stuzzicante anche fotografare sé stessi tra le mille sfumature di luci che si rifrangevano specialmente la notte.

Certo si rischiava di diventare parte della struttura: il risucchio plumbeo del vetro.

Si poteva realmente captare l'intero mondo da lì ma che altro fare? Una casa di cura o una di perdizione? Certo per i gatti che vi abitavano era entrambe.

Lui passava troppo tempo nei piani alti.

Il primo piano con anello esterno che fungeva da poggiolo per stare all'aria aperta era molto più salutare. Il risucchio plumbeo del vetro si faceva sentire meno e ti veniva più energia per fare le cose di ogni giorno e per relazionarti con i piedi a terra.

Alto, biondo capello lungo e fluente. Una sorta di vichingo dai lineamenti gentili e rarefatti. Non si potevano distinguere i capelli dai raggi del sole quando vi si stagliava contro. Non si riusciva a capire con certezza nemmeno se fosse uomo o donna. Vecchio o giovane.

Stava lì imprigionato da quella struttura che pur offriva veloci mezzi di spostamento per muoversi, sia verticalmente grazie all'ascensore, sia su una linea orizzontale, provvista per uscire ed entrare di comodi tapis roulant e silenziose porte scorrevoli.


giovedì 9 dicembre 2010

Esistenz

ANTEFATTO
Il senso della nostra esistenza  è dato proprio dal fatto che qualcuno ci pensa. Se solo per un attimo dovessimo credere di non essere nella mente di qualcuno che ci ama, molto probabilmente non riusciremmo a vivere e l'esistenza diventerebbe insopportabile. [...]
Fin quando la nostra esistenza sarà materializzata nella mente di qualcuno, potremmo essere certi di vivere.
Quando questo non avviene, quando il pensiero di nessuno ci sorregge, la nostra  esistenza  si "affloscia", proprio come se noi fossimo pupazzi riempiti d'aria che hanno bisogno di un costante soffio  per tenersi in piedi.     (A. Carotenuto,  L'anima delle donne)

PERSONAGGI

QUALCUNO, un signore basso e pingue in vestito marrone
ATTIMO,  smilzo in abito trasparente
Esistenz FLOSCIA, una signora avvolta in un drappeggio di lana verde, capelli spioventi
SOFFIO, un uomo paffuto in tuta blu
Esistenz, sorella di E. F. in paltò prugna e toque di velluto giallo 
PARENTESI QUADRE, figlie di Esitenz, in tutù azzurro


Un salotto borghese, una pendola sul fondo, una finestra aperta a destra, sedie in circolo. Attimo e Qualcuno seduti bevono whisky. Su un tavolino numerose bottiglie vuote.


ATTIMO: Chi ha lasciato la finestra aperta?
QUALCUNO: Chi vuoi che sia stato? Quella squinternata della signora Esistenz.
ATTIMO: E' colpa sua se è in questo stato !  
QUALCUNO: No,  basta un Attimo e  le signore si deprimono.
ATTIMO: Io sono pronto a togliermi di mezzo, basta che Lei Qualcuno faccia un pensiero, o la povera signora Esistenz è condannata
QUALCUNO: Io sono fatto così, non mi viene.
(entrano Parentesi Quadre e  Soffio)
ATTIMO: Non è ancora il vostro turno. Via! (escono) 
ATTIMO: Andiamo, suvvia  pensi pensi.
QUALCUNO: Nel copione c'è scritto “Qualcuno ci pensa” e non “Qualcuno pensa”. A chi potrei pensare, secondo lei? Non ho nessuno.
ATTIMO. Ma pensi a noi! Diamine, siamo la sua famiglia. Quante volte è che recitiamo questo spettacolo? 53 o 67? neanche ricordo.
(entrano una signora in verde e Soffio, si accomodano su due sedie)
ATTIMO:  Di nuovo! Ti ho detto che la tua entrata è dopo! Chi è questa?
SOFFIO: La signora sta cercando la sorella e si è persa. Era a terra qui fuori. Le ho fatto un po' d'aria, adesso sta meglio ma è debole. Vero cara? (sorride)
(la signora annuisce e sistema il panneggio e i capelli  spioventi con dolcezza)
QUALCUNO: Benvenuta,  è molto elegante. Chi cerca ?
Esistenz FLOSCIA: La mia sorella gemella,  Esistenz. La conoscete? ( sistema il panneggio con dolcezza)
QUALCUNO: Tutti la conosciamo.  Lei vive qui ?
Esistenz FLOSCIA: A volte non sono certa di vivere, mi mancano le forze e vengo giù come una gomma sgonfia. Se  fossi certa di vivere,  non sarei qui. ( sistema il panneggio con dolcezza)
SOFFIO: Sua sorella è depressa, e il colpevole è lui (indica Qualcuno,  che fa spallucce).  
ATTIMO: Vai a cercarla Soffio,  e  dille che c'è una sua parente. ( SOFFIO esce)
QUALCUNO: Mi racconti, signora,  lavora? Dove dimora?
Esistenz FLOSCIA: Sono troppo floscia per  lavorare. Mi basta una sedia,  là è la mia casa. (si sistema il panneggio dolcemente)
QUALCUNO: Sono ammirato dalla sua filosofia! Lei è un essere libero a tal punto?! Ho deciso: penserò a Lei. Permette?
Esistenz FLOSCIA: Faccia pure. 
QUALCUNO: Ehm....vede signora....prima mi ci dovrò abituare....un po' alla volta penserò a Lei.... così improvvisamente mi fa paura.
(irrompe Esistenz tutta scarmigliata e rossa)
Esistenz INSOP.BILE: Dov'è ? mi hanno detto che è qui? (si guarda attorno con ansia)
(tutti si fanno indietro per farla passare)
Esitenz INSOP.BILE:  ( vede la sorella) Tu?
Esistenz FLOSCIA:  Io (non la guarda neanche,  sistema dolcemente i capelli  spioventi)
Esistenz INSOP.BILE: Tu qui?
Esistenz FLOSCIA: Io qui.
Esistenz INSOP.BILE : Carogna!
Esitenz FLOSCIA:  (fa spallucce e si sistema dolcemente il drappeggio)
Esistenz INSOP.BILE:  Non c'è più posto per me. Addio (esce in posa tragica)
SOFFIO: Lascia che ti faccia un po' d'aria. (esce)
(entrano PARENTESI QUADRE ): Noi siamo giunte. Dov'è la nostra mamma?
ATTIMO: Se n'è andata. Che volete fare adesso?
PARENTESI QUADRE: Non sappiamo. Noi siamo giunte. Dov'è la nostra mamma?
QUALCUNO: Un toccante dramma familiare!
Esistenz FLOSCIA: Da un attimo sento di essere più certa, se Lei Qualcuno, mi pensa. Non ci si può far nulla. 
ATTIMO: Oh, il Nulla ! D'un tratto mi sento strano, come un gelato fuori dal frigo. Raccoglietemi, ve ne prego.( si rannicchia a terra)
(tutti si chinano su di lui con un cucchiaio in mano)
Tutti (in coro) : Raccogliamo questo attimo prima che si squagli!! ( si gettano feroci 
su di lui)


SIPARIO